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COMUNICAZIONE E SCIENZA

di Amedeo Lucente

La comunicazione scientifica moderna nasce nel XVII secolo. La Royal Society, accademia nazionale inglese delle scienze, con la pubblicazione nel 1665 del “The Philosophical Transactions of the Royal Society” per la prima volta delineò i canoni per l’accreditamento scientifico, ancora in vigore, il cosiddetto processo di peer reviewing, pratica indispensabile nel mondo della ricerca scientifica e dell’università per discriminare e giudicare la produzione intellettuale. L’Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers in Francia fu il primo esempio di moderna enciclopedia a larga diffusione, di cultura rivolta al grande pubblico. L’uso delle “planches”, figure ed illustrazioni per spiegare teorie e concetti, ne fu la più fulgida manifestazione. In Italia, nel 1710, la nascita del “Giornale de’ Letterati d’Italia” dà inizio a riviste dedicate alla scienza, anche se indirizzate a lettori con status sociale elevato. La divulgazione scientifica continua nel XIX secolo attraverso i “feuilleton scientifique”, romanzi di appendice, in uscita solitamente di domenica su temi letterari rivolti al grande pubblico; furono gli antesignani degli inserti dei moderni quotidiani.

La relazione tra stampa e scienza ebbe in seguito alti e bassi, tanto che nel 1985 la Royal Society, con il celebre “Rapporto Bodmer”, denunciò il deterioramento dei rapporti tra scienza e opinione pubblica, auspicando “una migliore comprensione della scienza come fattore significativo di promozione del benessere della nazione, elevando la qualità delle decisioni pubbliche e private ed arricchendo la vita dell’individuo”. E ancora continuava ammonendo che “gli scienziati devono imparare a comunicare con il pubblico e considerare questa attività un loro dovere”.

Per quanto riguarda il ruolo dei giornalisti nella diffusione delle nozioni scientifiche, arrivando velocemente ai nostri giorni, un punto fermo in Italia è il “Manifesto di Piacenza” e le “Indicazioni per una carta deontologica del giornalismo scientifico”. Il Manifesto è stato promulgato dall’UGIS Unione Giornalisti Italiani Scientifici, associazione nata nel 1966 che raccoglie professionisti specializzati nella divulgazione scientifica. Annovera tra i suoi fondatori Ardito Desio, Giancarlo Masini, Rinaldo De Benedetti e, tra gli iscritti, tanti nomi illustri come Piero Angela. Nel Manifesto si delinea l’importanza del ruolo della scienza come parte integrante della nostra cultura, la necessità della sua divulgazione, l’obbligo di formazione permanente per chi scrive sulla stampa. Inoltre si precisa che le fonti di acquisizione siano sempre qualificate, con riscontri anche internazionali, si sostiene la necessità di correttezza e veridicità delle notizie divulgate, si avverte di non creare infondate ed illusorie aspettative e, infine, si sostengono norme di cautela e prudenza alle quali specialmente il giornalismo scientifico deve necessariamente attenersi. Insomma il Manifesto di Piacenza per il giornalista scientifico è un po’ come il codice deontologico per il medico chirurgo.

Observa Science in Society è un centro di ricerca indipendente senza fini di lucro, legalmente riconosciuto, che promuove la riflessione e il dibattito sui rapporti tra scienza e società, favorendo il dialogo tra ricercatori, policy, makers e cittadini. In un suo studio non recente del 2008 riferisce che nel nostro paese, per la ricerca, il pubblico attinge informazione scientifica prevalentemente dai programmi TV e dalla stampa quotidiana. Inoltre aggiunge che si frequentano poco musei e mostre, e che si ha perplessità circa l’indipendenza dei ricercatori dalla politica e dal mondo industriale. Il rapporto termina delineando il quadro culturale complessivo degli italiani, riferendo che il livello di alfabetismo scientifico è in linea con la media europea. Gli italiani, specie i meno istruiti ed anziani, verso la scienza si dimostrano per il 26,8% scettici, per il 13,6%, prevalentemente giovani istruiti, interessati e fiduciosi, per il 15,8% ha una visione utilitaristica della scienza e apprezza le sue implicazioni pratiche, mentre il restante 43,8% è fiducioso sulle sue implicazioni, ma perplesso sulle logiche organizzative della ricerca.

A fronte della necessità ed importanza della divulgazione scientifica verso il grande pubblico, con i risvolti positivi sopra delineati e descritti, sempre più spesso le testate giornalistiche, denuncia Nature, tagliano il personale che si dedica alla scienza divulgata e raccontata. Sempre meno redattori affrontano e trattano questo delicato campo della comunicazione. I temi riferiti a volte frettolosamente sulle testate giornalistiche anche on line sono tratti dai dispacci delle Università e Centri di Ricerca, spesso riportati senza un’adeguata critica e approfondimento. Manca la citazione delle fonti, e la trasparenza complessiva della comunicazione risulta scadente: si delinea così un negativo imprinting sull’opinione pubblica, e si diffonde l’idea della poca “indipendenza e capacità critica del giornalismo scientifico”.

Massimiliano Bucchi, professore ordinario al Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale di Trento scrive che, se negli anni Novanta ben 95 quotidiani statunitensi avevano una sezione dedicata alla Ricerca e alla Tecnologia, oggi molte testate stanno tagliando tali spazi, compresi famosi network televisivi come la CNN. La causa principale è rappresentata dal crollo degli introiti pubblicitari. Lo stesso accade in Gran Bretagna, Francia e Germania, anche se in misura minore.

Al presente si utilizzano sempre più spesso blog e siti internet come fonti scientifiche, con conseguenze sull’attendibilità dei contenuti. Il rischio è di prender per vere notizie false o, ancor peggio, volutamente artefatte, mischiare contenuti validati e attendibili a dati ambigui e scorretti. Il giornalista esperto e ben strutturato non incorrere in questi errori. Lavorare presso una testata organizzata e con tempistiche adeguate preserva ed agevola ulteriormente la loro attività. Il cittadino comune che naviga in rete, al contrario, può facilmente imbattersi in notizie subdole e false; in genere non possiede sempre gli strumenti per valutarne l’affidabilità.

La divulgazione scientifica in Italia, e in particolare quella ambientale e sanitaria, trova massima espressione in concomitanza di grandi emergenze; il Covid è stato da questo punto di vista il massimo per comunicazione medica dal secondo dopoguerra. Le notizie negative e allarmanti fanno più audience di quelle buone e positive. Anche la comunicazione scientifica non si sottrae da questa regola. Riferire notizie “urlate e con toni catastrofici” è più efficace che raccontarle in modo pacato e ragionato.

Il concetto di “Opinione Pubblica” è molto cambiato negli ultimi anni. Il modo in cui il cittadino comune percepisce la ricerca dipende anche dalla stampa specializzata. Il ruolo svolto dai comunicatori, divulgatori e, ancor più specificatamente dal giornalista scientifico, sarà sempre più importante e determinante con il progresso della scienza  condivisa. Il linguaggio da adottare e i canali attraverso cui veicolare i messaggi dovranno essere attentamente valutati. L’informazione scientifica, soprattutto sanitaria, non dovrebbe essere presente solo in occasioni di emergenza, sull’onda dell’emotività e della sensazionalità mediatica. Fornire con regolarità argomenti di scienza per comprendere i progressi della medicina dovrebbe essere compito affidato a professionisti specializzati che a tale attività si dedicano e che per tale lavoro sono stati formati. Come diceva Henry Ford “C’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti”. Tale aforisma, passato ormai alla storia, vale ancor più per la scienza medica. Da qui l’importanza della corretta comunicazione e il ruolo imprescindibiledel giornalista scientifico.

Le Associazioni culturali professionali, così diffuse in campo medico, specialmente se diffuse in ambito nazionale, dovrebbero avere una sezione dedicata alla comunicazione, delegare a tal fine propri professionisti-giornalisti preparati, e sviluppare canali di informazioni aggiornati e sempre attuali.